La verità sul glutine dei “Grani Antichi”

La celiachia: un’intolleranza globale legata al consumo di grano

La celiachia è oggi riconosciuta come una delle intolleranze alimentari più diffuse al mondo. Secondo le stime, tra l’1% e il 2% della popolazione globale ne è affetta. In Italia si calcola che i celiaci siano circa 600.000, ma meno della metà di essi ha ricevuto una diagnosi corretta e un trattamento adeguato.

È interessante notare come la diffusione della celiachia sia sorprendentemente uniforme tra le popolazioni che consumano grano. Non esiste infatti altra patologia così costante nei gruppi umani che lo includono stabilmente nella dieta.

La prevalenza della celiachia, dunque, non varia tanto per fattori genetici, ma in base alla quantità di glutine introdotta nell’alimentazione. Per esempio, in India, le regioni meridionali mostrano una minore incidenza della malattia rispetto al Nord, proprio perché si consuma meno grano. Un discorso simile vale per la Cina: nelle zone nord-occidentali, dove il frumento è più presente nella dieta quotidiana, i casi sono in aumento. Tuttavia, l’occidentalizzazione degli stili alimentari sta portando a una diffusione della celiachia anche nelle aree che fino a poco tempo fa ne erano quasi immuni.

Un esempio significativo è il Giappone. Storicamente lontano dal consumo di grano, ha visto un incremento dell’uso di farine frumentate solo a partire dal XX secolo, in particolare a seguito delle guerre e dell’influenza occidentale. Oggi anche in Giappone la celiachia viene diagnosticata sempre più frequentemente.

Grani antichi: tra mito e realtà

Con la transizione dell’uomo da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore, cominciò anche la coltivazione dei primi cereali. Le spighe originarie erano piccole, con pochi chicchi. Con il passare del tempo, l’agricoltura ha selezionato varietà via via più produttive, ad alto contenuto proteico, capaci di offrire più energia grazie all’amido e, soprattutto, di fornire glutine, elemento essenziale per la panificazione.

Gli Egizi furono tra i primi a panificare, seguiti da Greci e Romani. Proprio in epoca romana si trovano le prime descrizioni di sintomi riconducibili alla celiachia, anche se le cause restarono ignote per secoli.

Ma cosa si intende per “grani antichi”? In realtà, il grano tenero selvatico non è mai esistito in natura: è il risultato di un incrocio tra il farro coltivato e una graminacea spontanea. Il farro monococco, domesticato oltre 12.000 anni fa, è l’unico cereale che possiamo definire davvero antico. Fu largamente consumato nell’antichità, compresa l’epoca romana, e pur contenendo glutine, presenta una diversa composizione di peptidi tossici rispetto al grano tenero moderno.

Con il tempo, selezioni naturali e mutazioni portarono allo sviluppo prima del grano duro, poi del grano tenero attuale. È importante sottolineare che la quantità di glutine presente nella dieta umana è rimasta pressoché stabile nei secoli. L’aumento dei casi di celiachia, quindi, non può essere spiegato semplicemente da un maggior consumo di farina o da radicali modifiche nei tipi di grano utilizzati.

La risposta immunitaria tipica della celiachia si manifesta solo negli individui geneticamente predisposti. In loro, il sistema immunitario reagisce in modo anomalo a specifici frammenti proteici contenuti nei cereali, a prescindere dal tipo di glutine o dalle sue trasformazioni.

Fonti

Prashant, Singh, Ananya; Arora, Tor, A. Strand et al. Global Prevalence of Celiac Disease: Systematic Review and Meta‐analysis. Clinic Gastroent Hepathol June 2018, Volume 16 Issue 6, Pages 823‐836 Luigi Greco, Basilio Malamisura, Celiachia! In cielo, in terra, in ogni luogo, Idelson‐gnocchi 1908 srl.