Testimonianze

“ Da un dubbio ad una nuova serenità” Sette anni fa, quando il mio bimbo aveva solo sei anni, abbiamo ricevuto la sua diagnosi. La celiachia è entrata nella mia vita prima attraverso di lui, un anno dopo è diventata anche parte di me. All'inizio, come tanti, mi sono affidata completamente ad AIC: seguivo tutto alla lettera, soprattutto grazie al loro gruppo Facebook, perché dalla sede regionale… nessuno ha mai risposto alle mie richieste. Leggevo spesso nei commenti frasi come “basta leggere le etichette” e, lo ammetto, mi facevano rabbrividire. Per me era impensabile: mi avevano insegnato a temere ogni ingrediente “sospetto”. Finché un giorno non è successo qualcosa che ha acceso un dubbio. Avevo comprato un’insalata di riso quasi identica a un’altra già considerata sicura, ma questa conteneva acido lattico. Chiesi conferma e mi venne detto che, per questo motivo, non era adatta. E lì mi sono chiesta: "Ma se l’acido lattico è presente in tanti formaggi sicuri, perché qui no?" Da quel dubbio è cominciato tutto. Ho iniziato a informarmi, e ho conosciuto Assoceliaci. Non mi hanno mai imposto nulla, ma mi hanno mostrato documenti, verifiche, analisi: con rispetto, pazienza e trasparenza. L’anno scorso ho detto: “Provo su di me. Se va bene, poi penserò anche a mio figlio.” Ma è stato lui a sorprendermi: "Mamma, ma cosa c’è da pensare? È normale: se non c’è scritto, non c’è!" Oggi, dopo due anni, mangiamo tanto, viviamo sereni e gli esami sono perfetti. Non abbiamo più paura. E per questo, dico davvero: grazie

“Quando ho scoperto che mio figlio è celiaco, mi sono sentita crollare.” Mio figlio ha solo sette anni. A marzo ha iniziato la dieta senza glutine, e io mi sono ritrovata sommersa da un milione di paure. Cosa potrà mangiare? Come lo proteggerò? Riuscirà a sentirsi come gli altri bambini? Mi sembrava tutto troppo. Troppo difficile, troppo rigido, troppo doloroso. All’inizio è stato panico. Non volevo che sentisse le mie ansie, ma come si fa a nasconderle quando pensi che tuo figlio dovrà vivere una vita fatta di rinunce? Poi, piano piano, ho iniziato a informarmi e quel percorso mi ha portata fino ad Assoceliaci. Qui ho trovato persone competenti, storie simili alla nostra, indicazioni chiare, supporto vero. E qualcosa è cambiato: ho capito che non dovevamo avere paura, ma consapevolezza. Oggi mio figlio va al centro estivo, partecipa alle feste, va in pizzeria, in gita. Mangia come gli altri, vive come gli altri. E soprattutto: sta bene. I suoi valori, che a marzo erano oltre 2500, oggi sono praticamente azzerati. A casa nostra non esiste nulla di uso esclusivo. Esiste una famiglia che ha imparato a vivere serenamente la celiachia, senza rinunce inutili né allarmismi. La celiachia non ci ha tolto nulla. Ci ha dato strumenti, forza e – sì – anche una nuova libertà. Questa è la nostra storia. E oggi, questa è la nostra vittoria.

“ Papà anche questo non lo posso mangiare “ Abbiamo scoperto la celiachia di mia figlia quando aveva solo 3 anni. Oggi ne ha 13. Come ogni genitore, la prima reazione è quella di voler fare tutto nel modo giusto. Ti informi, studi, scarichi l’ABC della celiachia e lo segui alla lettera, come fosse una sacra bibbia. Ogni pagina letta è una regola da imparare a memoria. Nessun margine di errore. Insegni a tua figlia che può mangiare solo ciò che riporta la scritta "SENZA GLUTINE". E le spieghi anche che ci sono alimenti naturalmente privi di glutine, ma sempre con quella paura che qualcosa possa sfuggire. Quando era più piccola, mi guardava con quegli occhioni e mi chiedeva: "Papà, questo lo posso mangiare?" Io cercavo subito quella scritta magica. Se non la trovavo, rispondevo con un "no" che mi si spezzava in gola. Lei abbassava lo sguardo e diceva piano: "Anche questo non lo posso mangiare..." Ed era lì che il senso di colpa mi colpiva dritto al cuore. Come una lama affilata. Perché non era solo un biscotto in meno. Era una piccola rinuncia che si sommava alle altre. Mi iscrivevo ai gruppi dell’AIC, cercavo informazioni, aggiornamenti, novità. Poi, ogni tanto, spuntava fuori la solita domanda: "Ma gli M&M’s gialli si possono mangiare?" E la risposta era sempre la stessa: "No, non c’è la scritta, quindi è no." Io però leggevo gli ingredienti, li rileggevo, e non trovavo nulla che mi riportasse al glutine. Ho cercato sul sito ufficiale e anche lì, l’azienda confermava: nessuna traccia di glutine. È stato lì che qualcosa ha iniziato a scricchiolare dentro di me. Mi sono chiesto: "E se non fosse tutto così rigido? Se ci fosse un altro modo, più ragionato, più consapevole, per affrontare la celiachia?" E poi, un giorno, vi ho scoperti. Voi, che con passione, conoscenza e tanto coraggio, avete iniziato a smontare — pezzo dopo pezzo — alcune “certezze” che sembravano scolpite nella pietra. Grazie a voi ho capito che l’ABC è uno strumento utile, sì, ma non l’unica via. Che vivere con la celiachia non deve significare vivere nella paura. Oggi mia figlia cresce più serena. E anche io. Grazie davvero per quello che fate. Perché chi si affaccia oggi a questo mondo, grazie a voi, lo fa con più consapevolezza. E meno terrore di sbagliare ogni cosa.

"Per proteggerlo, l'ho privato di troppo" C'è qualcosa che da anni mi accompagna in silenzio, più forte della stanchezza, più presente delle preoccupazioni quotidiane: il senso di colpa. È difficile da spiegare, ma nasce da un amore immenso. Nasce da mio figlio. Sette anni fa gli è stata diagnosticata la celiachia. Aveva solo sette anni. lo, come ogni madre, ho fatto tutto ciò che pensavo fosse giusto per proteggerlo. Ho studiato, mi sono informata, seguito ogni regola con precisione quasi militare. E ho trasmesso tutto a lui. Ora, guardandomi indietro, mi rendo conto che quello che voleva essere solo protezione si è trasformato in una forma di rigidità, che oggi chiamo "fondamentalismo celiaco". Oggi mio figlio ha 14 anni, e vive da metà della sua vita con restrizioni. Una decina di giorni fa ho letto un vostro post sul Bounty. Dopo aver visto che era sicuro, l'ho comprato. Gliel'ho dato quasi con emozione. Ma la sua reazione mi ha stretto il cuore: "Mamma, ma sei sicura che posso?" L'ho rassicurato, gli ho mostrato il post, gli ho spiegato tutto. Era titubante, quasi spaventato. Poi ha ceduto. Lo ha assaggiato. E si è commosso. Mi ha guardata e mi ha detto: "Mamma, ma cosa mi sono perso? È buonissimo." In quel momento ho sentito una fitta dentro. Per seguire l'ABC alla lettera, per non rischiare nulla, l'ho privato non solo di alcuni cibi, ma anche di un pezzo di leggerezza, di fiducia, di scoperta. Anche per me non è facile, oggi, mettere nel carrello un prodotto senza la scritta "senza glutine". Faccio ancora fatica. È come se il mio cuore avesse bisogno di tempo per imparare di nuovo a fidarsi. Mi auguro solo che serva meno tempo per guarire le piccole ferite che ho, senza volerlo, lasciato nel cuore di mio figlio.

“ Dopo solo sei mesi questa è la nostra….. Vittoria” Mia figlia Vittoria ha 14 anni. A ottobre 2024 le è stata diagnosticata la celiachia. Non aveva sintomi evidenti: il campanello d’allarme è stato una carenza di ferro persistente, legata al malassorbimento. I valori degli esami erano chiari: • Anti-transglutaminasi IgA a 6000 • Anti-endomisio positivo a 1:160 Ci è stato detto che con valori così alti la negativizzazione sarebbe stata lenta, probabilmente due anni. Abbiamo iniziato subito la dieta senza glutine. In quei primi giorni, come tanti genitori, cercavo informazioni. Per caso o per fortuna vi ho trovato e all’inizio pensavo di trovare solo informazioni base. Ma leggendo le esperienze, le fonti, i documenti condivisi, ho capito che c’era molto di più. In modo naturale, senza ansie, abbiamo fatto spazio a questa nuova consapevolezza. Ho consultato anche il sito AIC e il famoso “ABC”, ma molte cose non mi tornavano. Alcuni divieti mi sembravano eccessivi, altre spiegazioni confuse. Ho preferito affidarmi alla documentazione chiara che voi fornivate, e al confronto diretto con chi sta vivendo davvero questa realtà. Da quel momento, la vita è andata avanti con tranquillità. Vittoria ha continuato a fare tutto quello che faceva prima: è andata in gita, ha cenato con amici, ha viaggiato con noi. Abbiamo viaggiato anche all’estero: in Europa con facilità, in altri luoghi con un po’ più di attenzione, ma sempre in serenità, scegliendo piatti semplici e naturalmente privi di glutine. A casa usiamo precauzioni di base: laviamo le attrezzature, teniamo i prodotti ben chiusi, condividiamo la dispensa. Non abbiamo stravolto la cucina, non abbiamo vissuto con la paura. Abbiamo fatto spazio alla celiachia, non alla rinuncia. E oggi, dopo sei mesi, siamo tornati dal gastroenterologo per la prima visita di controllo. I risultati ci hanno sorpresi: Anti-transglutaminasi IgA scese da 6000 a 120, il medico si aspettava fossero ancora sopra gli 80 Valori del ferro e di tutti gli altri parametri tornati nella norma. Il gastroenterologo ha parlato direttamente con Vittoria. Le ha detto che il percorso sta andando molto bene e la negativizzazione degli anticorpi sta avvenendo in tempi record. Il prossimo controllo sarà tra un anno. Siamo felici, sereni, e soprattutto consapevoli. Non ci siamo mai fatti guidare dalla paura, ma dall’ascolto e dall’informazione. Abbiamo scelto di fidarci della scienza, del nostro medico, e di voi. Abbiamo imparato, passo dopo passo, a vivere bene con la celiachia. E oggi posso dirlo con certezza: non abbiamo sottovalutato nulla. Abbiamo solo imparato a gestire tutto con equilibrio. E dopo la visita, ci siamo regalati un bel pokè. Perché anche questo è un modo per festeggiare la salute, la crescita, la consapevolezza.

“A volte una diagnosi cambia tutto… e altre volte, cambia tutto imparare a leggere un’etichetta” Era il 2007 quando ho scoperto di essere celiaca. Un momento che non dimenticherò mai: confusione, paura, il bisogno urgente di certezze. E per fortuna, all’epoca, quelle certezze le ho trovate subito: simboli chiari, elenchi rassicuranti, locali informati, prodotti dedicati. Il sistema italiano, grazie all’AIC, mi ha dato un’ancora a cui aggrapparmi. E per anni, è stato il mio porto sicuro. Poi la vita ha fatto il suo corso, e mi ha portata lontano. In Svizzera. Da allora sono passati 14 anni… e vi confesso che affrontare la celiachia fuori dall’Italia è stata una seconda diagnosi. Solo più silenziosa. Più difficile. Più solitaria. Niente più simboli. Niente scritte in grassetto “senza glutine”. Niente negozi pieni di scaffali dedicati. Solo etichette da leggere. Ingredienti da decifrare. E una paura costante: “Questo lo posso mangiare?” Ogni spesa era un salto nel vuoto. Ogni ristorante, una fonte d’ansia. Per un po’ ho pensato che il sistema svizzero fosse carente. Più freddo. Più indietro. Poi ho capito. E tutto è cambiato. In Svizzera, come in tutta Europa, la legge tutela il celiaco: gli allergeni devono essere sempre indicati, compreso il glutine. Anche le contaminazioni devono essere segnalate, ma solo quando il rischio non è sotto controllo. Quindi sì: se il glutine non è tra gli ingredienti né tra gli allergeni, quel prodotto è sicuro. Anche senza simbolo. Ci ho messo un po’ a fidarmi. Ma quando l’ho fatto… ho respirato. Ho scoperto che la libertà arriva con la consapevolezza. Non con i bollini, né tantomeno con le scritte. E oggi, dopo 14 anni, vi posso dire una cosa con assoluta certezza: sto benissimo. Le mie analisi sono sempre perfette. Seguo la dieta con precisione, certo. Ma senza paranoia. E senza paura. Ci sono ancora differenze, ovvio: Qui non esiste un buono mensile per i prodotti senza glutine. Nel mio cantone posso detrarre una cifra fissa dalle tasse, ma non so come funzioni altrove. Nei ristoranti, la sensibilità è minore rispetto all’Italia. Questo sì: su formazione e accoglienza, l’Italia è avanti. Ma c’è una cosa che qui ho imparato e che ha cambiato per sempre il mio rapporto con la celiachia: la responsabilità personale. So leggere un’etichetta. So cosa cercare. So scegliere in autonomia, anche all’estero, anche in situazioni nuove. E questa è libertà. A marzo di quest’anno, anche la mia secondogenita ha ricevuto la diagnosi. Sapete come mi sono sentita? Serena. Perché so che crescerà con gli strumenti giusti. Non nella paura, ma nella consapevolezza. Ed è proprio per questo che sono felice di vedere, finalmente, un cambiamento anche in Italia. Grazie a questa associazione, che non si limita a copiare liste ma si impegna a spiegare, formare e dare strumenti concreti, il dibattito si sta allargando. Le persone stanno iniziando a capire davvero. Era ora. Quindi, se sei celiaco e hai paura di viaggiare, cambiare Paese, o semplicemente scegliere un prodotto senza simbolo… voglio dirti una cosa: Non avere paura. Informati. Impara le regole. Perché quando conosci davvero come funziona la normativa, la libertà non fa più paura.

Mi chiamo Elisabetta e ho ricevuto la mia diagnosi di celiachia 14 anni fa, a fronte di esami prescritti per una cistite che proprio non ne voleva sapere di andarsene. Dai risultati scopriamo che sono molto anemica e dopo tutte le dovute indagini mi sento dire: "Non c’è dubbio, tu sei celiaca”. Ah. Non la prendo benissimo perchè devo eliminare una serie di alimenti che non mi hanno mai fatta stare male. E' come finire in castigo senza aver combinato la marachella. Inoltre nessuno della mia famiglia è celiaco e io non so nemmeno da che parte iniziare, ma mi viene consegnato un foglio con una lista di cereali che contengono glutine con la precisa indicazione di eliminarli dalla mia alimentazione, prestando attenzione alle contaminazioni. Di fatto non mi è rimasto neanche un villo, non ho grandi alternative e si tratta della mia salute. Eseguo alla lettera e non sgarro mai volutamente. Al primo controllo dopo qualche mese di dieta, il gastroenterologo mi consiglia di consultare il sito dell’associazione nazionale in caso di dubbi... e mi si apre un mondo. Scopro che esiste un abc e mi rendo conto che leggere le etichette non è il modo corretto di gestire la celiachia, anzi: esiste un sistema molto più complesso che devo studiare e non è affatto semplice come pensavo. Lo imparo a memoria e diventa la bibbia della mia alimentazione. Così ho fatto per 14 anni. Poi succede qualcosa. Aprile 2025: il latte vegetale che bevo ogni mattina non riporta più la scritta ‘ senza glutine’. Panico. Scrivo all’azienda chiedendo al controllo qualità il motivo per cui non posso più bere la loro bevanda. Mi chiamano e mi spiegano che secondo la normativa vigente la scritta non serve, perchè la legge parla molto chiaro: se gli ingredienti non contengono glutine, non è necessario ribadirlo con una scritta. Eh no, rispondo, perchè le bevande vegetali sono un alimento a rischio e devono riportare la scritta. Dall’altra parte del telefono, la responsabile del controllo qualità mi risponde: 'Signora qui seguiamo corsi e rispettiamo tutte le norme HACCP, non esistono abc nelle aziende, solo normative’. Ebbene, mi viene pazientemente spiegata la normativa, i protocolli HACCP, la gestione della loro linea produttiva e mi smontano ciò che seguo da 14 anni in un quarto d’ora. Non contenta recupero la normativa e trovo per iscritto tutto ciò che la responsabile qualità mi aveva appena detto al telefono. Non contenta chiamo un carissimo amico, CEO di un’azienda che eroga corsi HACCP, che mi conferma il ruolo cardine di queste norme nei processi produttivi a garanzia di sicurezza alimentare. Non contenta arrivo alla vostra pagina Facebook e oltre a trovare l’ennesima conferma sulla normativa, leggo di un sacco di gente nelle mie condizioni. L’esigenza di chiedere e richiedere conferme è frutto dello stato d’animo in cui mi trovo adesso. Leggere la normativa mi ha mandata in crisi senza passare dal via: ho passato 14 anni a cercare una scritta in maniera quasi ossessiva nei prodotti definiti a rischio e ho rinunciato a molti di questi perchè quella scritta non c’era. Se da una parte ho capito in termini pratici cosa occorre fare (ed e' ahimè esattamente ciò che avevo iniziato a fare alla diagnosi), dall’altra devo fare i conti con una parte emotiva che a tratti è arrabbiata, frustrata, stranita e anche impaurita di mettere nel carrello un prodotto senza scritta. Se non avessero tolto la scritta dal latte vegetale non mi sarei fatta domande e non avrei neanche mai contemplato l’idea di andarmi a leggere una normativa che ero convinta fosse quella che mettevo in pratica da più di una decade. Avrei dovuto farmele prima probabilmente, visto che ho un’allergia alla caseina e un figlio allergico alla frutta a guscio che gestisco entrambe serenamente leggendo le etichette. Mi sento un po’ stupida per la verità, ma non posso riavvolgere il nastro. Scrivere la mia esperienza mi ha riportato all’unica filosofia di vita in cui credo profondamente da sempre: sapere è potere. C'è un modo per vivere la celiachia serenamente e senza angosce: informarsi su come gestirla correttamente e voi vi state impegnando per questo. Esiste una normativa che ci tutela e devo ringraziarvi per l’enorme lavoro che state svolgendo nel divulgare informazioni semplici e chiare. A me ha dato la possibilità di iniziare a smontare un sistema distorto e limitante, per lasciare spazio alla consapevolezza che mi porterà a vivere questa condizione con serenità.